Cirò- Al via
i festeggiamenti della festa Patronale fino al cinque agosto a Cirò dei Santi
Francesco di Paola e Nicodemo di Cirò, e
dopo anni di assenza riprende anche il gemellaggio religioso tra Mammola, dove
San Nicodemo morì nel 990 e Cirò, dove il santo nacque nel 900 ,nella casa
dove ora sorge la sua chiesetta omonima,
nella parte più antica del borgo, nell’allora Ypschon. Quest'anno
insieme alla Parrocchia ed alla Pro Loco- scrive in una nota il sindaco
Francesco Paletta- stiamo facendo un
grande sforzo per rendere dignitoso ed onorevole la festa ai nostri patroni S.
Nicodemo e S. Francesco. Abbiamo ripreso
i contatti con la comunità di Mammola, da molti anni gemellata con
Cirò per ricordare che i grandi personaggi, come il nostro S. Nicodemo, uniscono
e non dividono! Ognuno di voi cittadini di Cirò si dovrà sentire protagonista e
quindi sostenete la Parrocchia ed il comitato festa. Dunque appuntamento alla casa
natale di San Nicodemo alle ore
21 per la processione che porterà la sacra statua fino alla chiesa centrale Santa Maria de Plateis dove i parroci di Cirò don Matteo
Giacobbe e don Pino Aggiorno celebreranno il triduo in suo onore. Venerdi tre agosto alle ore 19.30 dopo la santa messa i santi patroni verranno portati in
processione come da antica tradizione per le vie del paese, mentre il quattro agosto la processione si svolgerà di mattina e si recherà nelle
periferie del paese per la santa benedizione dei raccolti dei bestiami e dei
vigneti. Per quanto riguarda invece i festeggiamenti civili sabato quattro agosto alle ore 21.30 in
piazza Pugliese si terrà la Corrida
Cirotana presentata da Antonio Stancato.
Per concludere poi il cinque agosto con il Meeting Festival che avrà come
ospiti Enzo Campagnoli e Silvia Salemi. Da sempre il popolo Mammolese festeggia
in Gemellaggio con Cirò in occasione della festa, il Santo comune. Un antico appuntamento quello
tra i due paesi: Cirò dove il santo nacque nel lontano 900, e Mammola dove morì
nel 990. San Nicodemo dunque patrono e protettore delle due città: Cirò e
Mammola , nacque da una famiglia umile, il padre Teofano, la madre Panta Dima, vivevano in un’umile casetta
nell’allora villaggio Ypskron, attuale portello, oggi chiesa del Santo. Sono molti i miracoli a lui
attribuiti, specie quando era ragazzino, come la lotta col diavolo , di cui
ancora oggi, sulla pietra a cui egli si aggrappò, dietro la sua casa, sono
evidenti i segni lasciati dalle sue dita infilati nella pietra, oggi meta di
pellegrinaggi. Secondo quanto ancora oggi raccontano gli anziani, pare che San
Nicodemo da bambino era solito giocare ad infilare le sue dita e le mani, come
pure i piedi, nella dura roccia, mentre questa si lasciava deformare. Molte di
queste impronte sono ancora oggi visibili sulla pietra dietro l’altare, luogo
di continui pellegrinaggi da parte di fedeli, che ogni anno, da tutto il mondo,
specie dall’Australia e America, dove si trovano numerosi Mammolesi, giungono a
Cirò a visitare i sacri posti dove il Santo nacque e visse da bambino, prima di
partire per Mammola. Ancora oggi gli anziani raccontano il miracolo del vino e
dell’acqua avvenuto in zona Mordace-Castedduzzo-Coppa, dove il padre si recava
a lavorare i campi, ed è proprio in questa zona che quattro anni fa un amatore
di storia locale, grazie a molte indicazioni avute dagli anziani, è riuscito,
dopo mesi di ricerca a trovare l’esatta posizione della fontana, dalla cui
pietra, grande come il dorso di un elefante, attraverso tre fori praticati con le dita del Santo,
ancora oggi fuoriesce acqua; mentre ai
piedi della collinetta dove il padre era solito lavorare , si trova quasi
nascosta dalla vegetazione e da cumuli di frana, una grotta dove il Santo si
ritirava in preghiera.
E ancora si racconta, che riuscì a catturare un cinghiale con un filo d’erba,
che portò alla sua famiglia come pranzo per la cerimonia di matrimonio della
sorella. Si racconta che, mentre era in viaggio, lontano da Cirò, per ritirarsi
in preghiera, incontrò un venditore di brocche con il suo asinello, chiese se poteva avere una ciotola per potersi cuocere la ghianda, cibo
prediletto di San Nicodemo, il venditore
glielo negò dicendo che se i maiali la mangiavano cruda, perché egli la
doveva cuocere? E così andò via , ma fatto pochi passi , ruzzolò da un dirupo,
di tutto il carico che trasportava sull’asinello, si salvò solo la ciotola che il Santo gli aveva chiesto. Così preso da
rimorsi, il venditore tornò indietro e donò la ciotola superstite al Santo,
chiedendogli scusa. Raggiunto la sua maturità, si vide costretto a lasciare il
paese, in quanto le sue “stranezze”, lo rendevano ridicolo agli occhi del
popolo, e se ne andò amareggiato a tal punto che fermatosi a metà cammino, nei
pressi di Gerace, egli disse:”Sentu vuci e cirotano, mi mpesu e vajiu
avanti”(sento voci di cirotani, mi alzo e riprendo il cammino), tanto era la
paura di incontrarli. Arrivò a Mammola sul monte Zappino, dove vi rimane fino
alla sua morte avvenuta nel 990. Il corpo fu trovato invaso dalle formiche, le
quali non invasero la sola lingua che tanto aveva saputo annunciare e consolare
specie gli afflitti e deboli. Qui lo veneravano così tanto da divenire il
protettore della città.
Per questo gli
anziani ancora oggi dicono che San Nicodemo è il protettore degli stranieri e
non del suo popolo di Cirò che lo ha deriso fino a farlo scappare, ben venga
dunque il gemellaggio che riporta a casa
non solo il santo ma anche l’attesa
benedizione. E’ di qualche anno fa la
notizia del lascito alla chiesa del Santo, di una casa, adiacente ad essa, che
la signora Rita Bullotta ha voluto offrirla in devozione al Santo. Ed è proprio
questa casa che di solito ospita i mammolesi in questa giornata di
pellegrinaggio. Un tempo le case
adiacenti alla chiesa era una unica casa dove all’interno, l’attuale altare
maggiore, era proprio la piccola dimora della famiglia del Santo. Si racconta
che egli andò in sogno al proprietario della casa raccomandandogli di lasciare
la casa perché li doveva nascere la chiesa, ma l’anziano signore non volle
credere al sogno, e dopo l’ennesima volta che sognò il Santo, gli morì
l’asinello, solo allora l’anziano contadino decise di lasciare la casa
divenendo in futuro chiesa omonima, oggi meta di molti pellegrini. E tutto
questo ci è stato tramandato da generazioni in generazioni.