Cirò – Negli ultimi anni sembra quasi che si sia scatenata una vera e propria corsa a chi, per primo, riuscisse a “svelare” la presunta notizia che San Nicodemo non sarebbe nato a Cirò, bensì a Sikros, anziché a Psikron, come se si trattasse di una scoperta clamorosa e sensazionale. Eppure, verrebbe da chiedersi con ironia: dov’è davvero la notizia? In realtà, sarebbe più corretto dire che si tratta della classica “scoperta dell’acqua calda”, dal momento che la prima a formulare questa ipotesi – senza disporre di alcuna nuova documentazione inedita – fu lo scrittore Giuseppe Gallucci di Mammola, nel suo contributo apparso sul Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata del 1981, intitolato “Sikros terra natale di San Nicodemo” (pp. 181-198).
Ora, è lo stesso
Gallucci ad apparire fin troppo sbrigativo e superficiale quando, basandosi
unicamente sulla supposizione
che il grande monaco basiliano e Generale d’Italia, Apollinare Agresta, avesse
“inventato” la natività cirotana di San Nicodemo, liquida secoli di tradizione.
Il suo ragionamento si fonda sul fatto che Agresta, nel XVII secolo, non avesse
riportato nelle note le fonti da cui trasse le sue informazioni. Ma davvero
questa è una prova sufficiente? Siamo nel 1677: non tutti gli autori di quel
periodo annotavano meticolosamente le proprie fonti, e soprattutto non esisteva
alcun obbligo di renderle pubbliche. Anzi, spesso gli studiosi custodivano
gelosamente i documenti rinvenuti, proprio per proteggere la propria ricerca.
Perché, dunque, Agresta avrebbe dovuto fare eccezione? Molto più plausibile
pensare che fosse stato semplicemente più abile, o più fortunato, nel reperire
quei documenti che altri, successivamente, non furono più in grado di
rintracciare.
Ecco il punto
cruciale: gli autori post-Agresta,
invece di insinuare il dubbio che “in assenza di note il Santo non fosse di
Cirò”, avrebbero dovuto assumere il ruolo dei veri storici, ossia quello di
scavare nelle biblioteche, negli archivi e nelle pergamene, per cercare
documenti nuovi, tangibili e inediti. Invece, molti hanno preferito adagiarsi
sulla comoda ipotesi del dubbio, quasi fosse sufficiente ribaltare una
tradizione secolare solo perché mancano note a piè di pagina. Ma la storia non
si scrive con le ipotesi: la storia si fa con i documenti alla mano.
Lo stesso
Gallucci, del resto, è costretto ad ammettere – leggendo attentamente le sue pagine – che San Nicodemo fosse di Cirò,
come scrivono Agresta, Pugliese, Aromolo, Zavaglia, Terminelli e tanti altri.
La sua unica obiezione resta sempre la stessa: “nessuno di loro ha inserito le
note da dove hanno attinto”. Ma questo, ripetiamolo, non è un problema dei
grandi autori del passato, bensì dei ricercatori moderni che non sono riusciti
a ritrovare le fonti originarie.
C’è poi un altro
aspetto da considerare: il nome stesso di Cirò. Monsignor Terminelli, dotto studioso, ha dimostrato
come il toponimo subì nei secoli numerose variazioni fonetiche, passando dal
greco al latino e al bizantino. Così, da Ypsikron si passò a Ypsicron, poi a
Psicron, a Sicron/Sikron, a Sicrò, a Zirò e infine all’attuale Cirò. E allora,
davvero basta trovare in una delle 25 “bios” la parola Sicros al posto di
Sicron o Psicron per pensare a un luogo diverso? Non ci voleva certo troppa
immaginazione per capire che si stava parlando della stessa comunità, oggi nota
come Cirò. Del resto lo stesso Agresta che era di Mammola davvero non conosceva
il suo territorio?
Inoltre, il legame
tra San Nicodemo e San Nilo di Rossano conferma l’itinerario spirituale e geografico tipico dei monaci basiliani, che
attraverso Rossano e Umbriatico giungevano a Gerace e infine a Mammola. Davvero
qualcuno può credere che San Nilo sia arrivato “in aereo” nel reggino, come
suggerirebbe ironicamente l’assurdità di chi vuole separare due percorsi
storicamente intrecciati?
C’è poi la
testimonianza concreta dei documenti. Già nel 1696 un notaio scriveva che San Nicodemo era concittadino e Patrono
di Cirò: avrebbe potuto mai un notaio redigere atti ufficiali riportando il
falso? Allo stesso modo, nel 1630 Papa Urbano VIII, con un atto solenne,
attestava che San Nicodemo era Patrono e concittadino di Cirò: possiamo pensare
che un Pontefice scrivesse consapevolmente una menzogna? È inverosimile. E come
si potrebbe mai screditare una tradizione che da oltre 1125 anni viene tramandata
di generazione in generazione, un culto radicato, vivo e attestato, che ha come
fulcro la chiesa stessa dedicata al Santo, sorta nel luogo della sua nascita
secondo la tradizione locale?
Dunque, fino a
quando non verranno portati alla luce documenti autentici, originali e inediti che possano davvero
smentire Apollinare Agresta, ogni altra ipotesi resterà fragile e infondata. Se
proprio a qualcuno dà fastidio che San Nicodemo sia nato a Cirò, lo invitiamo
ad avere la pazienza – e l’umiltà – di trovare prove concrete, e non limitarsi
a congetture.
Fino a quel
momento, la verità resta quella che la storia documentata da Agresta e la
tradizione popolare cirotana ci consegnano: San Nicodemo è nato a Cirò. Chi non accetta questo, almeno abbia il
rispetto di non infangare la memoria di
un popolo che da secoli custodisce con orgoglio la sua identità e il culto del
proprio Patrono.