mercoledì 17 dicembre 2014

Cirò- Il Tribunale di Crotone ha rigettato la richiesta di incandidabilità formulata all’indomani dello scioglimento del Consiglio Comunale di Cirò, dal Ministro dell’interno.




Cirò- Il Tribunale di Crotone ha rigettato la richiesta di incandidabilità formulata all’indomani dello scioglimento del Consiglio Comunale di Cirò, dal Ministro dell’interno.
Secondo il Tribunale di Crotone non sussistono, nella fattispecie, gli elementi concreti univoci e rilevanti richiesti dall’ art. 143 del Testo Unico Enti locali D.lgs. 267/2000.
Pertanto l’ex Sindaco Caruso e i consiglieri comunali Mazziotti, De Fine e Durante sono candidabili.

Nota dell’Ex Sindaco Mario Caruso
“Abbiamo sempre ribadito la  nostra fiducia nella giustizia. Ora non possiamo che esprimere viva soddisfazione di fronte a questa sentenza del Tribunale di Crotone che, per le motivazioni contenute, evidenzia come la decisone adottata per lo scioglimento del consiglio comunale di Cirò non sia stata ponderata”.
Questa la Sintesi della sentenza nella nota dell’ex sindaco Caruso:” Con Sentenza del 19/11/2014, depositata in data 11/12/2014 nel procedimento n. 598/2014, il Tribunale di Crotone ha rigettato la richiesta di incandidabilità  formulata ai sensi dell’art. 143 comma 11 del D.lgs. 267/2000, dal Ministero dell’Interno nei confronti dell’ex Sindaco di Cirò Avv. Mario Caruso e dei consiglieri comunali, Mazziotti Giuseppe, Durante Francesco e De Fine Francesco. La richiesta scaturisce a seguito dello scioglimento  del Consiglio Comunale di Cirò per sospetto condizionamento mafioso avvenuto con DPR in data 21/10/2013, su proposta del Ministero dell’Interno a seguito della relazione della Commissione di indagine fatta propria dal Prefetto di Crotone.
Con ordinanza del 17/04/2014, il Tribunale disponeva l’integrazione del contradditorio nei confronti degli altri consiglieri comunali Paletta Francesco, Romano Mario, Frustillo Rosaria e Siciliani Giuseppe. 
All’udienza del 25/06/2014, si costituivano i consiglieri Avv.ti Caruso Mario e Paletta Francesco  resistendo in giudizio di persona avendone le qualità di legge, mentre gli avv.ti Pina Scigliano e Caterina Bilotti per i consiglieri Mazziotti Giuseppe, Durante Francesco, De Fine Francesco e Romano Mario. I consiglieri Frustillo Rosaria e Siciliani Giuseppe rimasero contumaci.
In sintesi il Tribunale di Crotone in composizione collegiale dott.ssa Maria Luisa Mingrone Presidente, dott.ssa  Rossella Nocera Giudice, dott. Vladimiro Gloria Giudice relatore, ha rigettato la proposta di incandidabilità, stante l’insussistenza degli elementi concreti, univoci e rilevanti richiesti dalla norma di legge.
Il collegio ha aderito all’orientamento giurisprudenziale in materia di incandidabilità soggettiva come misura a carattere prevenzionale e non sanzionatorio delimitando la decisione solo nei confronti dei soggetti citati nella memoria dell’Avvocatura dello Stato ( Caruso, Mazziotti, De Fine Durante).
Analizzando il quadro generale delle contestazioni mosse, il Tribunale di Crotone ha affermato l’insussistente del legame di parentele e frequentazioni in assenza di riscontri oggettivi. Al pari, ha ritenuto irrilevante la vicenda della laurea di un dipendente poiché espressamente prevista dalle norme e autorizzata non dagli amministratori disciolti ma con delibera commissariale.
Anche la presunta  contestazione sul mancato utilizzo delle cautele antimafia, sono state ritenute insussistenti, essendo stata applicata dall’amministrazione disciolta la normativa al tempo in vigore. Ancora, il Tribunale di Crotone ha smontato i presunti condizionamenti di M.F e L.C.,  in quanto insussistenti, poiché soggetti assolti dalle operazioni di polizia enunciate e risarciti dallo Stato. Quanto ai rilievi sulle somme urgenze, il Tribunale, ha evidenziato la confusione operata nella relazione di scioglimento tra, somme urgenze legittimamente operate a seguito di ordinanza sindacale e lavori urgenti demandati agli organi di gestione. Sul punto, il Tribunale evidenzia altresì, il legittimo uso della procedura utilizzata nei confronti di diverse ditte che sono risultate, tra l’altro, destinatari di provvedimenti non ostativi in materia di cautela antimafia.
Osserva il Tribunale che anche negli affidamenti in urgenza, l’ente si è garantito, attraverso l’utilizzo degli strumenti amministrativi di autotutela azionati in presenza di accertamenti irripetibili.
Per quanto riguarda l’assunzione di un dipendente come necroforo, il Tribunale ha sostenuto a parte l’irrilevanza, dei pregiudizi insussistenti nei confronti di M.F., la corretta procedura di assunzione che, non si è limita al solo dipendente in questione, ma a ben otto posizioni, tra tempo determinato, part- time e tempo indeterminato.
L’esigenza di previsione, nella pianta organica del profilo professionale suddetto, è legittimata dall’aumento delle entrate cimiteriali e dall’esigenza di controlli in tale settore.
Sotto il profilo soggettivo, del pari, le alienazioni e i fitti dei terreni richiamate nella relazione di scioglimento non presentano gli elementi concreti, univoci e rilevanti, atteso che, queste sono state di gran numero maggiore rispetto a quelle richiamate nella relazione di scioglimento e, che, ad ogni modo, sono state indirizzate a soggetti detentori senza titolo di immobili comunali, legittimando l’azione amministrativa di regolarizzazione delle posizioni secondo legge e comunque irrilevanti ai fini dell’art. 143 T.U.E.L.
Il Tribunale ritorna, infine, sulla friabilità dei legami parentali attribuiti ad alcuni consiglieri, tra cui ROMANO,  non citato dall’Avvocatura dello Stato nel procedimento di incandidabilità. Nello specifico, rivela la circostanza di un centro abitato di piccole dimensioni, la palese assenza di circostanze e condotte specifiche di favoritismo, onde evitare ( dice il Tribunale)  di anticipare in maniera inammissibile la soglia del sospetto “latu sensu”, altrimenti, si dovrebbe propendere per un privazione definitiva del diritto all’elettorato passivo ove i presunti legami parentali fossero da soli rilevanti.
Conclude il Tribunale, alla luce della normativa richiamata, mancano gli elementi concreti, univoci e rilevanti per legittimare la richiesta del Ministero, che va rigettata, con condanna del Ministero alla rifusione delle spese processuali in favore delle controparti”.