martedì 3 settembre 2013

Cirò –Nell’antico borgo che fu di Lilio e Casoppero si vive di aria buona e acqua fresca almeno così dicevano gli anziani che lo considerano il motto del paese



Cirò –Nell’antico borgo che fu di Lilio e Casoppero si vive di aria buona e acqua fresca almeno così dicevano gli anziani che lo considerano il motto del paese. Ancora oggi Cirò  è disseminato di antiche fontane le cui acque naturali  rappresentano sorgenti  conosciute fin  dagli antichi popoli ellenici che diedero  vita alla città dei Choni, odierna Cirò,  che a distanza di secoli da quelle fontane sgorga ancora acqua fresca tutto l’anno anche durante le calde estati. Ma la sorpresa più grande riguardante il motto e l’origine del perché a Cirò si diceva che si vive di aria fresca e pulita. Ed ecco svelato il mistero: i boschi cirotani  di pregiata macchia mediterranea, abbondano di mele selvatiche  biancospino e Carpino, le cui foglie assorbono  polveri sottili, anidride carbonica e gas serra. Queste piante mangiano l’inquinamento, la ricerca è stata messa a punto di recente dall’Istituto di biometeorologia Ibimet di Bologna. Le foglie di queste piante hanno la capacità  di catturare l’inquinamento migliorando la qualità della vita.  Il Carpino ad esempio assorbe bene l’anidride carbonica, ma non le polveri sottili questo perché le sue foglie sono lisce e senza peli. Ha invece grandi capacità di sequestrare sia gas serra sia polveri sottili, il Tiglio e  il Frassino,
 l’Orniello, i quali sono anch’essi presenti nei boschi cirotani.  Rita Berardi dell’Ibimet di Bologna- la grandezza degli stomi,  aperture che permettono gli scambi gassosi , e la presenza di cere e tricomi, cioè i peli presenti sulla foglia. Dunque ecco svelato il perché nel cirotano ci sia aria buona e non inquinata, grazie ai boschi soprattutto di mele selvatiche, Carpino nero e Frassino, che oggi purtroppo gli incendi stanno mettendo a rischio, ecco quindi  un motivo in più per non distruggere i nostri boschi.
La capacità di catturare le polveri inquinanti risiede in due fattori, come scrive in una nota la ricercatrice