Cirò- Grande, grandissimo e sconosciuto l’alchimista Giano
Lacinio di Cirò, scienziato ante litteram del ‘500. Francesco Vizza, Ricercatore del CNR, ha presentato l’alchimista Giano
Lacinio al XVI Convegno Nazionale di Storia e Fondamenti della Chimica, Rimini
22-24 Settembre 2015, discutendo sulla sua opera e rivelando la sua identità. Notevole è stato l’interesse degli studiosi di
Storia della Chimica e di Storia della Scienza per l’autore ritrovato. Il
convegno è stato organizzato dal Gruppo Nazionale di Fondamenti e Storia della
Chimica. Hanno partecipato all’organizzazione dell’evento, insieme
all’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, i Dipartimenti di Chimica
Industriale “Toso Montanari” e di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università
di Bologna. La Società
Chimica Italiana e la Società Italiana
per la Storia
della Scienza hanno concesso il loro patrocinio. Grande divulgatore della
conoscenza, Giano Lacinio di Cirò era professore di teologia dell’università
patavina e Reggente del Collegio Teologico del Convento del Santo di Padova.
Nel 1546 pubblica a Venezia un trattato sulla Pietra filosofale. Tutta la sua
ricerca era finalizzata alla scoperta della pietra filosofale per trasformare i
metalli vili in oro, venendo così in aiuto ai poveri, e dell’elixir per guarire
o sollevare le infermità della povera gente. La conoscenza dei segreti della
natura doveva servire innanzitutto ad alleviare le sofferenze dell’umanità: “il
sapere ed il fare al servizio dell’uomo”. Nel corso dei secoli l’opera di
Lacinio ha avuto 36 edizioni a stampa in 5 lingue (latino, inglese, tedesco,
ceco e, a cura di Vizza, in italiano nel 2015). Il volume è custodito in 366
biblioteche worldwide (Italia, Germania, Inghilterra, Olanda, Danimarca, Svizzera,
Belgio, Slovenia, Francia, Spagna, Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia e
Nuova Zelanda). L’ultima edizione in tedesco risale al 2002 e quella in inglese
al 1963. Giano Lacinio, a differenza della sua opera, era autore perduto nella
storiografia alchemica e molto confuso nella stessa storiografia francescana:
nessuno sapeva chi realmente fosse. A una precisa identità dell’autore –ha
relazionato Vizza- sono stato guidato dalla lettura di alcune lettere e qualche
carme di Gian Teseo Casopero, un giovane umanista di Ciro` che, salito a Padova
per dedicarsi agli studi giuridici nel 1533, intessé per qualche anno una
profonda amicizia con il teologo Giano Lacinio Terapo e con il confratello
Cosimo Balsamo, già dottore in teologia, ambedue provenienti da Cirò, mettendo
fine così a tante incertezze e distorsioni su di lui nella letteratura
precedente. In un secondo momento, a comprova dei nuovi dati, ho reperito una
cospicua documentazione d’archivio raccolta negli Acta graduum academicorum
Gymnasii Patavini della prima metà del Cinquecento e da diversi archivi
notarili che registrano la presenza a dottorati inteologia di Giano
Lacinio nel 1529 quale baccalaureo,
quindi nel 1536, forse già ‘‘magister theologiae’’, infine il 27 agosto 1549
mentre conferisce le insegne a un dottorando, evidentemente quale reggente
dello Studio generale del Santo (Padova). I particolari sulla sua biografia e
opera sono riportati nel volume recentemente pubblicato da Francesco Vizza dal
titolo: Giano Lacinio alchimista francescano del Cinquecento. Con traduzione
dell’opera La nuova perla preziosa. Un trattato sul tesoro e sulla pietra più preziosa
dei filosofi. Presentazione di Paolo Capitanucci, Laruffa editore, Reggio Calabria
2015. Ai miei cari amici e colleghi uomini di scienza – ha spiegato Vizza- che
sorrideranno pensando all’alchimista cirotano impegnato in questo “sciocco
intrattenimento”, ricordo che l’alchimia non ha mai fatto parte della cultura
ufficiale ma è sempre stata parte integrante del patrimonio culturale e scientifico
di ogni uomo veramente erudito. Tra i suoi cultori si possono annoverare santi,
imperatori, prelati, papi, teologi, medici, poeti e artigiani. Questa cerchia
comprende personaggi come Ruggero Bacone, Newton, Leibnitz e quasi tutti gli
uomini di scienza del XIV-XVI secolo, insieme a coloro che tentarono di
elaborare una teoria unitaria della natura. L'obiettivo principale degli
alchimisti era quello di trasmutare i metalli vili in oro. La trasmutazione dei
metalli, da loro inseguita invano per 15 secoli, è stata ottenuta nel 1919 dal
grande scienziato Rutherford con la prima reazione nucleare artificiale. Si è
compreso che cambiare la natura di un elemento (che nulla hanno a che vedere
con gli elementi aristotelici), ovvero operare una trasmutazione, comporta il
cambiamento del numero dei protoni che quell’elemento possiede. Questo
risultato non può essere ottenuto con mezzi chimici ma con mezzi fisici,
mediante l’impiego di una grande quantità di energia. Lo scienziato di oggi
dovrebbe quindi riflettere sulla passione e tenacia profusa da questi uomini
per amore della conoscenza e rifuggire da sciocchi atteggiamenti liquidatori e
superficiali. Così scrive uno dei più grandi storici della scienza: “I sistemi
che mettono a confronto l’intelligenza rimangono sostanzialmente invariati nel
tempo, anche se assumono forme diverse. Nulla vi è di più distruttivo per la
scienza, quanto l’arrogante dogmatismo che disprezza il passato e ammira
nient’altro che il presente”.