domenica 14 ottobre 2018

Cirò- Il lessicario “A parrata ’e Cirò” della nostra compaesana Margherita Astorino, presentato lo scorso luglio nella suggestiva cornice del terrazzo del Palazzo dei Musei, è stato adottato quale testo di consultazione scolastico dall’Istituto onnicomprensivo Luigi Lilio.


Cirò- Il lessicario “A parrata ’e Cirò” della nostra compaesana Margherita Astorino,  presentato lo scorso luglio nella suggestiva cornice del terrazzo del Palazzo dei Musei, è stato adottato quale testo di consultazione  scolastico dall’Istituto onnicomprensivo Luigi Lilio. L’acquisto fa parte della promozione della cultura e valorizzazione delle figure locali, previsto dalle leggi sull’autonomia scolastica,  come patrimonio culturale, all’interno di cui è stata consigliata appunto la lettura dell’opera della scrittrice Astorino. La dirigente scolastica dott.ssa Serafina Rita Anania ha colto puntualmente la valenza del testo nella sua unicità per il corredo degli etimi che ci riportano alle varie dominazioni e invasioni subite dalla terra calabrese e per l’eredità linguistica di cui ancora oggi usufruiamo. Nell’excursus storico emergono le influenze linguistiche dovute alle colonizzazioni, alle dominazioni ed incursioni che si sono innestate su un linguaggio originario. Tutti  hanno lasciato il loro contributo: Lucani, Bruzi, Enotri, Greci, Latini, Arabi e Normanni ed infine, seguendo le sorti del Regno di Napoli, Angioini ed Aragonesi. L’Autrice, conferma con questo suo lavoro, che il dialetto è un prodotto storico ove alberga il sacrificio, la sofferenza, la gioia quotidiana di una gente. Il lavoro minuzioso portato avanti dall’Astorino non è stato certo quello di fare una semplicistica raccolta di voci dialettali bensì di recuperare, con un lavoro certosino, termini ormai desueti per l’avvento di nuove forme di linguaggio dovuti alla globalizzazione o alla scomparsa dell’oggetto che portava quel nome (suriciàra, liòna, pupulìddu, lucìsu, zaccuràfa), ecc..Salvare- scrive in una nota la scrittrice- significa tramandare e quindi, acculturare. Il professore Gianni Mazzei dialettologo, nella sua brillante relazione di presentazione del libro  aveva riconosciuto all’opera dell’Astorino una grande competenza antropologica e linguistica ove una comunità si racconta, secondo l’impostazione pasoliniana, nei giorni di festa, in casa, nel lavoro, nel dolore. Parole che non solo evocano ma ridanno vita e sostanza a persone care o semplici conoscenti, a luoghi, a vicende assolvendo il compito di “cuntàri”, cioè raccontare,  il reale e l’immaginario. Il testo è un invito alle nuove generazioni a rivisitare il passato poiché il presente ha sempre radici antiche. Il dialetto, tra lingua e storia, va tutelato come patrimonio della identità di un territorio.