Cirò- Appello della
Paideia alla Soprintendenza per i Beni Architettonici,
Paesaggistici, Storici, Artistici - agli enti comunali e provinciali
-all’assessorato regionale alla cultura prof. Mario Caligiuri- al Ministro
per i beni culturali on.le Franceschini - per
salvare il castello dei Caraffa di Ciro’
dal degrado e dall’abbandono–
uno dei piu’ grandi palazzi-fortificati del mezzogiorno d’Italia.
“Il castello medievale di Cirò, si legge sul libro dello
storico professore Egidio Mezzi- dalla piazza grande di Ciro’, attraverso una
rampa in salita che ha sostituito l’antico ponte levatoio, si accede al
castello maestoso e imponente, arroccato strategicamente in pieno centro
storico. Nonostante la sua mole sia nascosta su tre lati da molte abitazioni
civili addossate alle sue mura, dalla sua posizione elevata si gode un panorama
suggestivo che spazia su tutto l’abitato e contempla le colline ondulate ai
suoi piedi e tutta la pianura, in lontananza, che si estende fino a lambire la
costa del mare jonio”.
Risalente al 1496, il
castello ha subito diverse fasi di
degrado. Col tempo il maniero, caduto il
feudalesimo il 2 Agosto 1806, venne abbandonato per circa 40 anni , messo all’asta nel
1842, fu comprato dalla famiglia Giglio,
i quali hanno costruito il secondo piano, come testimoniano alcuni dati sui
muri esterni.
Il castello di Cirò, prima di andare all’asta nel 1842, subì una lunga
peripezia legata al suo pignoramento, infatti si legge su un documento
dell’epoca degli”Immobili che si espongono in vendita ai pubblici incanti per
espropriazione forzata”, così come si legge sul documento:”In nome di sua
Maestà il Re nostro signore”, fu
pignorato per conto di Don Tiberio Grisolia di Cosenza creditore nei confronti
dei proprietari del castello già nel 1813, atto vistato da Don Silvestro
Nicastri sindaco dell’allora Cirò, e da
Don Vincenzo Amorosi cancelliere presso la Regia giustizia del circondario di Cirò, IL 18
Giugno, eredità giacenti della principessa Donna Mariantonia Spinelli e di Don
Vincenzo Spinelli, rappresentati da Don Giuseppe De Rogatis, curatore delle
dette eredità giacenti. All’epoca del pignoramento, si legge ancora sul
documento:”alcune stanze del piano basso del castello erano fittati ai signori
Giglio e Scala, mentre il resto del castello era tenuto in amministrazione. La
sentenza di esproprio arrivò solo nel 1836 l’8 Febbraio da parte del tribunale
civile della Calabria di Catanzaro, sentenza registrata poi nel mese di Aprile
al n.2569 nel registro del 3° volume. Dunque dopo numerose peripezie nel 1842
il castello veniva comprato all’asta. Era ritornato al suo atavico
splendore negli anni 90-2000 quando
tutti i giorni veniva visitato da centinaia di turisti grazie
all’interessamento dell’allora amministrazione comunale. Già proclamato monumento
nazionale nel 1983, a
tutt’oggi attende di essere ancora restaurato.