Cirò- Dopo lo scempio perpetrato ai danni dell’agricoltura,
prima con i 79 alberi d’ulivi tagliati e poi il taglio delle 350 vite, la filosofa cirotana Maria
Francesca Carnea che vive a Roma, scende in campo ed una nota scrive:” C’era una volta, e continua ad esserci oggi,
in una delle terre più belle nell’opera del Creato, Cirò e dintorni, terre di
Calabria, una presenza: i rats vattelappesca.
E mentre si prova a educare alla legalità, a costruire la
buona cultura nel rispetto della natura, cercando di favorire l’economia, anche
con il riscatto dell’agricoltura, di una terra, la nostra, quanto mai in
ginocchio, ecco che arrivano esseri privi di qualsiasi scrupolo ad oltraggiare
la vita, la natura nella sua ricca fecondità, e questo nei nostri giorni così
moderni, così all’avanguardia, al punto da credere, o farlo intendere, che si è
onnipotenti, a dispetto dell’opera del Creato e delle persone oneste. Come si
fa a concepire la morte, come si fa a vivere sereni portando dentro l’esistenza
della propria vita l’oltraggio, la prepotenza, l’omicidio plurimo, ragionato,
realizzato? Non è abbastanza quanto quotidianamente vediamo? Persone
sofferenti, gente che migra nella speranza di un futuro che sia di luce e non
di tenebre, quando non ci lascia la vita nei mari o sotto le armi delle guerre,
come anche costringere a non parlare, a non ribellarsi per paure di ritorsioni
di cui molte volte si è silenti portatori. E di quale specie, genere immondo,
stiamo parlando? Gli acari, i ratti, capaci solo di stare nei letamai che
abitano, e di cui ne rendono il senso, la puzza e la sostanza. Esseri
spregevoli, così vigliacchi da prendersela con 79 piante di Ulivo che, nelle
feconde terre di Santa Venere in Cirò, indifesi, hanno subito una mattanza, l’angoscia
della pena capitale, sancita dai simil isis nostrani. Non c’è limite alla
viltà, alla crudeltà: ogni pianta, come ogni essere umano, è sostanza in vita.
E, definita la pena capitale, si è proceduto. L’accusa? Vattelappesca!!! La
riproduzione dell’ignoranza brulica, ostenta arroganza, conta di intimidire,
far paura, operando al buio, e con chi non si può difendere. Toccano gli onesti
che non si piegano e, ancora una volta, assistiamo all’insulso fare della
prepotenza! Certo non si può chiedere onore, né rispetto a gente che non ha
cognizione dell’onore e del rispetto, questi sì elementi presenti - in alcune
categorie - del vissuto del passato. Siamo nel tempo del relativismo, ma i
valori della vita, il rispetto della sua sacralità e dignità, non potranno, per
natura, mai essere relativi, né l’arroganza intollerabile dell’ignoranza può
intimidire l’agire della Legge nel dare luce a quanto accaduto. Settantanove
alberi di Ulivo tagliati, stroncati dalla vita sono un grido di dolore che
necessita di presa di coscienza, di avere giusta risposta, a testimonianza del
fatto che siamo, nella maggior parte, cittadini liberi e portatori sani di
valori, di civiltà, di amicizia, di rispetto. Indignarsi all’ingiusto è
doveroso, è atto primo di ogni essere umano. Svegliati Terra Mia, alzati dal
sopruso dei rats vattelappesca, leva la voce dell’onesta gente, la maggioranza,
che ti abita: la dignità non avverte paura! Fai in modo che lo splendore
dell’opera del Creato in cui si rispecchia Cirò e la terra di Calabria, non
permanga nel c’era una volta, mentre attende una svolta, né persista dolente
nell’insulto alla libera esistenza, piuttosto si levi al richiamo della verità,
della giustizia”.