lunedì 15 febbraio 2016

Cirò- Dopo lo scempio perpetrato ai danni dell’agricoltura, prima con i 79 alberi d’ulivi tagliati e poi il taglio delle 350 vite, la filosofa cirotana Maria Francesca Carnea che vive a Roma, scende in campo



Cirò- Dopo lo scempio perpetrato ai danni dell’agricoltura, prima con i 79 alberi d’ulivi tagliati e poi il taglio  delle 350 vite, la filosofa cirotana Maria Francesca Carnea che vive a Roma, scende in campo ed una nota scrive:”  C’era una volta, e continua ad esserci oggi, in una delle terre più belle nell’opera del Creato, Cirò e dintorni, terre di Calabria, una presenza: i rats vattelappesca.
E mentre si prova a educare alla legalità, a costruire la buona cultura nel rispetto della natura, cercando di favorire l’economia, anche con il riscatto dell’agricoltura, di una terra, la nostra, quanto mai in ginocchio, ecco che arrivano esseri privi di qualsiasi scrupolo ad oltraggiare la vita, la natura nella sua ricca fecondità, e questo nei nostri giorni così moderni, così all’avanguardia, al punto da credere, o farlo intendere, che si è onnipotenti, a dispetto dell’opera del Creato e delle persone oneste. Come si fa a concepire la morte, come si fa a vivere sereni portando dentro l’esistenza della propria vita l’oltraggio, la prepotenza, l’omicidio plurimo, ragionato, realizzato? Non è abbastanza quanto quotidianamente vediamo? Persone sofferenti, gente che migra nella speranza di un futuro che sia di luce e non di tenebre, quando non ci lascia la vita nei mari o sotto le armi delle guerre, come anche costringere a non parlare, a non ribellarsi per paure di ritorsioni di cui molte volte si è silenti portatori. E di quale specie, genere immondo, stiamo parlando? Gli acari, i ratti, capaci solo di stare nei letamai che abitano, e di cui ne rendono il senso, la puzza e la sostanza. Esseri spregevoli, così vigliacchi da prendersela con 79 piante di Ulivo che, nelle feconde terre di Santa Venere in Cirò, indifesi, hanno subito una mattanza, l’angoscia della pena capitale, sancita dai simil isis nostrani. Non c’è limite alla viltà, alla crudeltà: ogni pianta, come ogni essere umano, è sostanza in vita. E, definita la pena capitale, si è proceduto. L’accusa? Vattelappesca!!! La riproduzione dell’ignoranza brulica, ostenta arroganza, conta di intimidire, far paura, operando al buio, e con chi non si può difendere. Toccano gli onesti che non si piegano e, ancora una volta, assistiamo all’insulso fare della prepotenza! Certo non si può chiedere onore, né rispetto a gente che non ha cognizione dell’onore e del rispetto, questi sì elementi presenti - in alcune categorie - del vissuto del passato. Siamo nel tempo del relativismo, ma i valori della vita, il rispetto della sua sacralità e dignità, non potranno, per natura, mai essere relativi, né l’arroganza intollerabile dell’ignoranza può intimidire l’agire della Legge nel dare luce a quanto accaduto. Settantanove alberi di Ulivo tagliati, stroncati dalla vita sono un grido di dolore che necessita di presa di coscienza, di avere giusta risposta, a testimonianza del fatto che siamo, nella maggior parte, cittadini liberi e portatori sani di valori, di civiltà, di amicizia, di rispetto. Indignarsi all’ingiusto è doveroso, è atto primo di ogni essere umano. Svegliati Terra Mia, alzati dal sopruso dei rats vattelappesca, leva la voce dell’onesta gente, la maggioranza, che ti abita: la dignità non avverte paura! Fai in modo che lo splendore dell’opera del Creato in cui si rispecchia Cirò e la terra di Calabria, non permanga nel c’era una volta, mentre attende una svolta, né persista dolente nell’insulto alla libera esistenza, piuttosto si levi al richiamo della verità, della giustizia”.