Ciro’- “No alla DOC Calabria- sarebbe finalizzata solo a
sostenere interessi economici di massa, che non premiano la qualità perseguita
dai viticoltori. Essa raggrupperebbe sotto un unico cappello zone che nulla
hanno in comune, la cui qualità è fortemente disomogenea. Sarebbe una mina
pericolosa per l’immagine di serietà e qualità produttiva di cui invece gode
l’area del Cirò, consolidatasi nel tempo grazie a infaticabili agricoltori e
viticoltori”. È quanto ha dichiarato il Sindaco Mario Caruso definendo assurda
la proposta lanciata dal presidente di Confagricoltura Calabria Alberto Statti
in occasione del recente VINITALY 2016 a Verona.
Nello scenario vinicolo italiano – continua il primo
Cittadino – il Cirò è una piccola realtà produttiva, ma con potenzialità enormi
ancora inespresse. Ciò che chiedono e non da oggi i viticoltori è semmai
valorizzare le diversità e le ricchezze enogastronomiche, attraverso una
fattiva collaborazione con la Regione.
Bisogna pertanto muoversi su un’altra strada – scandisce
Caruso – quella cioè del riconoscimento della Denominazione di Origine
Controllata e Garantita (DOCG) perché quest’ultima – continua – comprende i
vini prodotti in determinate zone geografiche nel rispetto di uno specifico disciplinare
di produzione.
La procedura per il riconoscimento delle denominazioni –
ricorda il Sindaco – è profondamente cambiata dal 2010 in seguito
all'attuazione della nuova normativa europea. Tra le altre cose, è stata
portata in sede comunitaria la prerogativa di approvazione delle denominazioni,
mentre precedentemente si procedeva tramite Decreto Ministeriale. Da allora la
classificazione DOCG, così come la
DOC, è stata ricompresa nella categoria comunitaria DOP.
Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti a denominazione di
origine controllata (DOC) da almeno dieci anni che siano ritenuti di
particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche,
rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati, per effetto
dell'incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici e che abbiano
acquisito rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale e
internazionale. Prima di essere messi in commercio, tali vini devono essere
sottoposti in fase di produzione ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad
un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal
disciplinare; l'esame organolettico inoltre deve essere ripetuto, partita per
partita, anche nella fase dell'imbottigliamento. Per i vini DOCG, infine, è
prevista anche un'analisi sensoriale (assaggio) eseguita da un'apposita
commissione; il mancato rispetto dei requisiti ne impedisce la messa in
commercio con il marchio DOCG. La legislazione prevede che le DOCG abbiano
facoltativamente (sulla scorta di quello che succede da secoli in Francia con
la classificazione legale, di tipo gerarchico-qualitativa, dei cru) una
ulteriore segmentazione in alto in sottozone (comuni o parti di esso) o
microzone (vigneti o poco più) ovvero la menzione geografica aggiuntiva. – In
Italia vi sono alcune DOCG che prevedono questa segmentazione che va
considerata come classificazione a sé, ovvero la punta della piramide
qualitativa. Esattamente quello che ci si aspetterebbe in un territorio come il
cirotano.