mercoledì 6 agosto 2014

Cirò- Appartiene al museo della civiltà contadina della Tenuta Iuzzolini il più antico manufatto in campo sulle tecniche di vinificazione, da poco restaurato.



Cirò- Appartiene al museo della civiltà contadina della Tenuta Iuzzolini il più antico manufatto in campo sulle tecniche di vinificazione, da poco restaurato. Si tratta del Torchio a trave, della tipologia detta “di Catone”che porta la data del 1683 appartenuto all’atavico Iuzzolini Fortunato, come da iscrizione riconoscibile attraverso le sue iniziali I.F. . Veniva vinificato così l’uva una volta attraverso il torchio, la cui descrizione è descritta nella pluridecorata   “Madre Goccia” vino che nasce dalle uve Greco bianco e Chardonnay, della Tenuta Iuzzolini:”La prima volta  che si abbassano le travi sopra l’uva, il vino che n’esce si chiama “madre goccia”: esso è ciò che vi è di più delicato e di più squisito nell’uva”. La tipologia di questo torchio detta “di Catone”, fu descritto per la prima volta dall’agronomo romano tra il II ed il I secolo a.C. Costruito con legno pieno senza parti soggette ad usura, soprattutto senza il ferro che con il tempo si rovina, si può definire eterno. 
Fu  Catone  nel 234  – 149 a. C.  e Plinio 23 . 79 d. C. che lo descrissero attraverso le scene illustrate nei bassorilievi e dipinti. Si tratta di un torchio a leva di II grado in cui la pressione è esercitata dall’abbassamento della leva, costituita da una grossa trave di legno, imperniata ad un estremo e violentemente tirata verso terra a mezzo di corde mosse da un argano sistemato all’estremo opposto. Tale tipo, detto di Catone, durò inalterato fino al I secolo d. C., quando le corde e l’argano furono sostituiti da una lunga vite in legno collegata ad una grossa pietra e avvitatesi in una madrevite posta all’estremità libera della trave. La forza premente è naturalmente proporzionata alla lunghezza della trave che funziona da leva e al peso applicato alla vite.
Questa macchina, relativamente costosa, offre il vantaggio non indifferente di un limitato impiego di manodopera (due o tre uomini) e di un notevole sfruttamento delle vinacce in quanto si possono ottenere con una leva di lunghezza complessiva di 11 metri, e pietre pesanti circa 1600 chilogrammi, delle forze prementi dell’ordine di 12 tonnellate. I pregi la resero comunissima e, nella sua meccanica rudimentale  tecnicamente perfetta, rimase inalterata fino al principio del XIX secolo.  diffuso nelle regioni centro-meridionali dal I sec. a.C. Per cui oggi è possibile  ammirarlo in tutta la sua bellezza presso il museo della civiltà contadina della Tenuta Iuzzolini, pezzo unico in tutta la provincia e forse anche in tutta la Calabria, se ne conosce uno simile a Pompei.
Dunque il primo tipo, a leva, era chiamato  torchio a verricello, prendeva il nome di modello catoniano, da qui torchio di Catone, mentre il più moderno torchio a vite, era conosciuto invece come  primo modello pliniano ed era