Cirò- L’ installazione di un faro
luminoso per ricordare uno dei Santi patroni di Cirò: San Nicodemo -il quale
festeggia il prossimo 13 maggio la sua nascita, avvenuta nell’antica
Ypskron(odierna Cirò), nel lontano 900, nel rione Portello, la cui abitazione oggi è
diventata la sua chiesa omonima. Lo ha deciso in questi giorni il sindaco Mario
Caruso, ma già tra la popolazione specie
tra i giovani, c’è una corsa per
partecipare a questo grande evento con l’intenzione di esporre dai balconi di casa dei nastri rossi
o delle coccarde rosse per ricordare con fierezza che Cirò è la patria di San
Nicodemo. Dovremmo puntare anche sul turismo religioso e fare di Cirò un
paese “calamita”, che possa attirare turisti tutto l’anno, ma prima andrebbe
valutato per la giusta importanza che ha avuto nella storia, per questo occorrerebbero più eventi e movimenti di massa che vadano nella giusta
direzione: itinerari chiesa, luoghi dei miracoli, come la fontana di San
Nicodemo ed i campi dove lui da bambino lavorava, aree queste che bisognerebbe
renderle accessibili per futuri pellegrinaggi. La
festa patronale si festeggia tra la prima e la seconda settimana di agosto quando giungono da
Mammola tanti fedeli che insieme al
popolo di Cirò festeggeranno
l’incontro religioso tra i due popoli,
Patrono dei due comuni, poiché Cirò gli ha dati i natali nel 900 mentre a
Mammola morì nel 990. San Nicodemo dunque patrono delle due città: Cirò e
Mammola , nacque da una famiglia umile, il padre Teofano, la madre Panta Dima, vivevano in un’umile casetta
nell’allora villaggio Ypskron, attuale portello, oggi chiesa del Santo. Sono molti i miracoli a lui attribuiti, specie quando era
ragazzino, come la lotta col diavolo, di cui ancora oggi, sulla pietra a cui
egli si aggrappò, dietro la sua casa, sono evidenti i segni lasciati dalle sue
dita infilati nella pietra, oggi meta di pellegrinaggi. Secondo quanto ancora
oggi raccontano gli anziani, pare che San Nicodemo da bambino era solito
giocare ad infilare le sue dita e le mani, come pure i piedi, nella dura
roccia, mentre questa si lasciava deformare. Molte di queste impronte sono
ancora oggi visibili sulla pietra dietro l’altare, luogo di continui
pellegrinaggi da parte di fedeli, che ogni anno, da tutto il mondo, specie
dall’Australia e America, dove si trovano numerosi Mammolesi, giungono a Cirò a
visitare i sacri posti dove il Santo nacque e visse da bambino, prima di
partire per Mammola. Ancora oggi gli anziani raccontano il miracolo del vino e
dell’acqua avvenuto in zona Mordace-Castedduzzo-Coppa, dove il padre si recava
a lavorare i campi, ed è proprio in questa zona che qualche anno fa un amatore
di storia locale, grazie a molte indicazioni avute dagli anziani, è riuscito,
dopo mesi di ricerca a trovare l’esatta posizione della fontana, dalla cui
pietra, grande come il dorso di un elefante, attraverso tre fori praticati con le dita del Santo,
ancora oggi sgorga acqua; mentre ai
piedi della collinetta dove il padre era solito lavorare , si trova quasi
nascosta dalla vegetazione e da cumuli di frana, una grotta dove il Santo si
ritirava in preghiera. E ancora si racconta, che riuscì a catturare un cinghiale con un filo d’erba,
che portò alla sua famiglia come pranzo per la cerimonia di matrimonio della
sorella. Si racconta inoltre che, mentre era in viaggio, lontano da Cirò, per
ritirarsi in preghiera, incontrò un venditore di brocche con il suo asinello, al
quale gli chiese se poteva avere una
ciotola per potersi cuocere la ghianda,
cibo prediletto di San Nicodemo. Il venditore
glielo negò dicendo che se i maiali la mangiavano cruda, perché egli la
doveva cuocere? E così andò via , ma fatto pochi passi , ruzzolò da un dirupo,
di tutto il carico che trasportava sull’asinello, si salvò solo la ciotola che il Santo gli aveva chiesto. Così preso da
rimorsi, il venditore tornò indietro e donò la ciotola superstite al Santo,
chiedendogli scusa. Raggiunto la sua maturità, San Nicodemo, si vide costretto
a lasciare il paese, in quanto le sue “stranezze”, lo rendevano ridicolo agli
occhi del popolo, e se ne andò amareggiato a tal punto che fermatosi a metà
cammino, nei pressi di Gerace, egli disse:”Sentu vuci e cirotano, mi mpesu e
vajiu avanti”(sento voci di cirotani, mi alzo e riprendo il cammino), tanta era
la paura di incontrarli. Arrivò a Mammola sul monte Zappino, dove vi rimane
fino alla sua morte avvenuta nel 990. Il corpo fu trovato invaso dalle
formiche, le quali però non attaccarono la sola lingua, che tanto aveva saputo
annunciare e consolare specie gli afflitti e deboli, attraverso le sue parole.
Qui lo veneravano così tanto da divenire il protettore della città. Per questo gli anziani ancora
oggi dicono che San Nicodemo è il protettore degli stranieri e non del suo
popolo di Cirò che lo ha deriso fino a farlo scappare. Un tempo le case adiacenti alla chiesa era una unica
casa dove all’interno, l’attuale altare maggiore, era proprio la piccola dimora
della famiglia del Santo. Si racconta che egli andò in sogno al proprietario
della casa raccomandandogli di lasciare la casa perché li doveva nascere una
chiesa a lui dedicato, ma l’anziano signore non volle credere al sogno, e dopo
l’ennesima volta che sognò il Santo, gli morì l’asinello, solo allora l’anziano
contadino decise di lasciare la casa divenendo in futuro chiesa omonima, oggi
meta di molti pellegrini. Ben venga dunque l’intenzione da parte del popolo di riappropriarsi di questa grande
figura storico religiosa, ma anche l’attesa benedizione che manca da quando
scappò da Cirò.