Cirò- Visite guidate al Museo di Cirò
dedicato all’alchimia, grazie al ricercatore Francesco Vizza . I
numerosi visitatori delle sale museali
di Cirò incontrano una parte sconosciuta
della Storia della Scienza. La mostra permanente sull’alchimia, ideata e
diretta da Francesco Vizza ed allestita dall’artista Giuseppe Capoano, è costituita da sale decorate con trompe
l'oeil, riproduzioni di forni alchemici, alambicchi e storte del Cinquecento,
coloratissimi pannelli esplicativi, splendide riproduzioni di miniature del
X-XVI secolo, simboli alchemici e raffigurazioni allegoriche dell’opera di
Giano Lacinio. Il
visitatore viene proiettato in un luogo magico, misterioso ed
atemporale. La mostra è una delle poche presenti in
Italia e l’unica sull’alchimia metallurgica. Le visite al Museo sono state
precedute da un seminario sulla storia dell’alchimia nel corso dei secoli e
sulla figura di Giano Lacinio di Cirò, alchimista Francescano del Cinquecento. Gli
alchimisti –spiega Vizza- consideravano i metalli, vili e imperfetti,
naturalmente predisposti a diventare oro e la loro azione era finalizzata ad
accelerare questo processo mediante la Pietra Filosofale,
una sorta di moderno catalizzatore in grado di portare a perfezione la materia
rendendola incorruttibile.
Le radici teoriche della sperimentazione alchemica
risalgono alla teoria dei quattro elementi (terra, fuoco, aria e acqua), alla
teoria umorale, alla tradizione aristotelica e pseudo-aristotelica. La chimica –continua Vizza- deve molto agli alchimisti,
"scienziati ante litteram", che attraverso svariati tentativi di
comprendere e decifrare ciò che in natura appare insondabile, finirono per
scoprire importanti procedimenti chimici (tuttora utilizzati), inventarono
tutti gli apparati di laboratorio in uso fino al XVIII sec., scoprirono nuovi
composti e persino un elemento, il fosforo, distillando a gran fuoco circa 5
mila litri di urina di cavallo. Nel Medioevo e nel Rinascimento l’alchimia è
dominata da religiosi. Erano alchimisti i francescani
Ruggero Bacone, Raimondo Lullo, frate Elia da Cortona, compagno di San
Francesco d’Assisi e suo successore, Bartolomeo da Iseo e tanti altri. Erano
alchimisti i Domenicani San Alberto Magno e il suo discepolo San Tommaso
D’Aquino. I Francescani vedevano nell’alchimia la conoscenza della natura
finalizzata al suo perfezionamento. Conoscere i segreti della natura
significava avvicinarsi a Dio. I Domenicani, invece,
erano attratti dall’alchimia in quanto struttura teorica della metafisica e
della filosofia. Giano Lacinio di Cirò,
teologo francescano del ‘500 pubblica un trattato fondamentale nella storia
dell’alchimia. L’opera dal titolo “Pretiosa Margarita
Novella de Thesauro, Ac Praeciosissimo Phylosophorum Lapide, Artis, Huius
Divine Typus et Methodus: Collectanea ex Arnaldo, Raymundo, Rhasi, Alberto et
Michaele Scoto; per Ianum Lacinium Calabrum nunc primum, cum lucupletissimo
indice, in lucem edita” fu stampata la prima volta a Venezia nel 1546 ed è
stata tradotta in tedesco e in inglese più volte nel corso di cinque secoli. La
traduzione in italiano è stata riportata recentemente per la prima volta in un pregevole volume a cura di Francesco Vizza dal titolo “Giano Lacinio
Alchimista Francescano del Cinquecento Laruffa Editore 2015”. Nel corposo volume è anche ricostruita l’identità dell’alchimista
cirotano insieme ad una breve storia dell’alchimia. Durante le visite guidate
Vizza ha illustrato ai presenti l’importanza e l’originalità delle
rappresentazioni allegoriche della realizzazione della Pietra filosofale
secondo l’alchimista cirotano. Cirò con il Museo Archeologico e le sue sale
museali dedicate a Luigi Lilio riformatore del Calendario gregoriano e Giano
Lacinio, uno dei più famosi alchimisti del Cinquecento, si pone come punto di
riferimento regionale e nazionale di un turismo culturale che si accompagna ad
un turismo naturalistico ed enogastronomico.